Spesso si commette l’errore di considerare una valuta “debole” se il rapporto di cambio con l’Euro sale superando determinati livelli tecnici (ad esempio l’EurUsd a 1.50). In realtà la forza di una valuta deve essere considerata in rapporto ad un paniere di altre valute pesate per il peso “commerciale” che le singole nazioni hanno rispetto al paese di riferimento, ad esempio gli Stati Uniti.
Per cercare di formulare una più accurata misura della forza di una moneta è stato creato il tasso di cambio effettivo nominale, il quale non è altro che una media dei tassi di cambio nominali bilaterali, ponderata con pesi opportunamente scelti.
Se un importatore acquista Dollari per pagare le materie prime che importa o un turista acquista Sterline per finanziare il proprio viaggio (dove acquisterà beni e servizi) entrano in gioco, non solo i tassi di cambio, ma anche i prezzi dei beni o servizi scambiati, due elementi fondamentali nel determinare la convenienza e quindi nella maggior parte dei casi, la scelta di acquisto o viaggio dell’utente finale.
A questo proposito è utile disporre di un tasso di cambio effettivo che tenga conto anche dell’effetto dei prezzi e che venga definito non come prezzo relativo fra due valute, ma fra due insiemi di beni; questo strumento è il tasso di cambio effettivo reale il cui apprezzamento può essere legato all’aumento dei prezzi interni, alla diminuzione dei prezzi esteri o alla rivalutazione del cambio.
Fatta questa doverosa premessa la tabella riportata qui a fianco ci permette di capire le dinamiche dei cambi effettivi reali delle principali valute mondiali, rapportandone il valore attuale fornito periodicamente dalla BIS (Banca dei Regolamenti) alla media degli ultimi 3 e 10 anni.
I valori negativi esprimono un deprezzamento del cambio reale rispetto alle medie storiche e quindi una “buona occasione valutaria” per uno straniero che deve viaggiare/acquistare in quell’area geografica, questo perché la valutta risulta essere a sconto rispetto ai suoi valori medi di lungo periodo.
Per fare un esempio concreto il Dollaro Usa si trova attualmente sotto del 8.6% rispetto alla sua media decennale e praticamente in linea (-0.49%) con la sua media a 3 anni.
Ampliando l’orizzonte a tutto il mondo notiamo come, ad oggi, i maggiori deprezzamenti rispetto alle medie storiche a 10 anni sono a carico del Peso Argentino (-35%), della Corona Islandese (-31%), della Sterlina Inglese (-16%), del Peso Messicano (-16%), del Won Sud Coreano (-16%), del Dollaro di Hong Kong (-14%) e della Corona Svedese (-13%). Apprezzabile il fatto che per quasi tutte queste valute siamo a distanze percentualmente elevate anche rispetto alle medie storiche a 3 anni.
Sul versante opposto, ovvero i cambi effettivi reali che più si sono apprezzati rispetto ai valori storici medi, troviamo il Real brasiliano (+30%), il Rublo Russo (+21%), la Corona Ceca (+24%), il Fiorino Ungherese (+15%), tutto il blocco delle monete baltiche (Estonia, Lituani, Lettonia) in media apprezzatesi del 15% ed infine il Dollaro Australiano (+10%).
Per cercare di formulare una più accurata misura della forza di una moneta è stato creato il tasso di cambio effettivo nominale, il quale non è altro che una media dei tassi di cambio nominali bilaterali, ponderata con pesi opportunamente scelti.
Se un importatore acquista Dollari per pagare le materie prime che importa o un turista acquista Sterline per finanziare il proprio viaggio (dove acquisterà beni e servizi) entrano in gioco, non solo i tassi di cambio, ma anche i prezzi dei beni o servizi scambiati, due elementi fondamentali nel determinare la convenienza e quindi nella maggior parte dei casi, la scelta di acquisto o viaggio dell’utente finale.
A questo proposito è utile disporre di un tasso di cambio effettivo che tenga conto anche dell’effetto dei prezzi e che venga definito non come prezzo relativo fra due valute, ma fra due insiemi di beni; questo strumento è il tasso di cambio effettivo reale il cui apprezzamento può essere legato all’aumento dei prezzi interni, alla diminuzione dei prezzi esteri o alla rivalutazione del cambio.
Fatta questa doverosa premessa la tabella riportata qui a fianco ci permette di capire le dinamiche dei cambi effettivi reali delle principali valute mondiali, rapportandone il valore attuale fornito periodicamente dalla BIS (Banca dei Regolamenti) alla media degli ultimi 3 e 10 anni.
I valori negativi esprimono un deprezzamento del cambio reale rispetto alle medie storiche e quindi una “buona occasione valutaria” per uno straniero che deve viaggiare/acquistare in quell’area geografica, questo perché la valutta risulta essere a sconto rispetto ai suoi valori medi di lungo periodo.
Per fare un esempio concreto il Dollaro Usa si trova attualmente sotto del 8.6% rispetto alla sua media decennale e praticamente in linea (-0.49%) con la sua media a 3 anni.
Ampliando l’orizzonte a tutto il mondo notiamo come, ad oggi, i maggiori deprezzamenti rispetto alle medie storiche a 10 anni sono a carico del Peso Argentino (-35%), della Corona Islandese (-31%), della Sterlina Inglese (-16%), del Peso Messicano (-16%), del Won Sud Coreano (-16%), del Dollaro di Hong Kong (-14%) e della Corona Svedese (-13%). Apprezzabile il fatto che per quasi tutte queste valute siamo a distanze percentualmente elevate anche rispetto alle medie storiche a 3 anni.
Sul versante opposto, ovvero i cambi effettivi reali che più si sono apprezzati rispetto ai valori storici medi, troviamo il Real brasiliano (+30%), il Rublo Russo (+21%), la Corona Ceca (+24%), il Fiorino Ungherese (+15%), tutto il blocco delle monete baltiche (Estonia, Lituani, Lettonia) in media apprezzatesi del 15% ed infine il Dollaro Australiano (+10%).
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